giovedì 20 marzo 2014

Pensioni: per Cottarelli e Madia previdenza è una parolaccia?

Non so se a infastidire di più siano l’arroganza con la quale questo Governo e i suoi consulenti trattano la materia delle pensioni oppure la implicita visione distruttiva della previdenza che le loro parole e i loro silenzi esplicitano.
Da giorni ormai rimbalzano tra il commissario Cottarelli e rappresentanti del Governo voci di ulteriori prelievi sulle pensioni e le smentite sono di solito peggiori delle prospettive di tagli; Renzi nello smentire ha sentito il dovere di precisare che non sono all’esame tagli sulle pensioni da 2-3 mila euro, il che significa che chi ha un netto mensile sopra a 1.500 – 2.000 euro può continuare a preoccuparsi. Ieri la ministra Madia ha dichiarato di avere proposto da parlamentare che lo stato trattenga il 50% delle pensioni a coloro che continuino un’attività lavorativa dopo avere conseguito la pensione.
L’arroganza è insita nell’approccio quantitativo che rifiuta testardamente di ragionare sulla variopinta galassia delle pensioni per distinguere tra assistenza necessaria o assistenza clientelare e tra previdenza generosa (pensioni superiori ai contributi) o penalizzata (pensioni inferiori ai contributi). È arrogante chi taglia corto, vuoi per ignoranza o per pigrizia, classifica tutte le pensioni come benefici usurpati e come tali le ritiene soggette alla discrezionalità del Governante, il quale può decidere se mantenere la sua benevolenza assistenziale oppure graduarla in funzione delle necessità dello Stato o magari dell’umore col quale si sveglia al mattino. L’arroganza è infine nell’arroganza di ministri e consulenti, i pensionati sono come il popolo del Re Sole ai quali essi, da monarchi, regalano pane oppure lo negano.
Peggio ancora dell’arroganza preoccupa il fatto che quella visione feudale che ministri e dotti consulenti mostrano ha alla radice una visione dello Stato nel quale la previdenza non è prevista; l’avere accantonato contributi per 35-40 anni e oltre e ricevere pensioni inferiori a quanto dovrebbero (è il caso di parecchie delle pensioni elevate dei lavoratori dipendenti del privato) non è considerata opera lungimirante, di respiro sociale e da incoraggiare quotidianamente, bensì una prassi da vessare ad arbitrio con prelievi temporanei o, peggio, definitivi, quale la de-indicizzazione che non chiede un contributo una tantum ma taglia di fatto per tutta la vita, mettendo a nudo le vere intenzioni dei governanti: altro che sacrifici temporanei motivati dalla situazione di crisi, si tratta piuttosto di un attacco strutturale e ben organizzato al concetto stesso di previdenza.
Nella visione sociale di questi ministri e consulenti la pensione non è il risultato di un contratto siglato 40 anni prima e che prevede che lo Stato restituisca tutti i contributi sotto forma di vitalizio, senza se e senza ma, indipendentemente dalla sua entità e dal fatto che il pensionato continui a lavorare oppure si faccia pagare la sua pensione in qualche paradiso caraibico dove riposi tutto l’anno. Per questi apprendisti stregoni, al centro del rapporto stato/cittadino in materia di pensioni c’è il concetto di assistenza: lo Stato incamera tutto e poi re-distribuisce a propria discrezione; triste, che nel 2014 ancora si vedano i cittadini come una massa di persone da assistere o meno a discrezione dello Stato e ci si rifiuti di rispettare e riconoscere l’importanza sociale dei sistemi previdenziali a natura assicurativa, triste e storicamente superato.
I pensionati con assegni elevati, ma anche quelli con assegni dignitosi non hanno remora alcuna a dare il proprio contributo in un momento di crisi ma sono anche offesi dagli approcci alla Cottarelli o alla Madia; sono stufi innanzitutto di essere dipinti come sanguisughe che succhiano la linfa della nazione o come egoisti che solo a sé stessi vogliono pensare in un periodo di crisi; non sono affatto restii a contribuire in questa fase di sacrifici, ma vorrebbero semplicemente che i sacrifici fossero richiesti in misura uguale a tutti i percettori di medesimo reddito e non ai soli pensionati in maniera arbitraria e discriminatoria, trattandoli come assistiti cronici quali non si sentono e non sono. Si potrebbe cominciare magari dalla retribuzione di Cottarelli che sembra avere ben più capienza per la solidarietà che non le pensioni da 90.000 € annui, o dalle retribuzioni dei ministri.
Ancora una volta, la via per una solidarietà equa e non imposta con arroganza passa solamente da una tassazione più alta di tutti i redditi elevati (auspicabilmente temporanea), tramite l’incremento dell’ultima aliquota fiscale oppure, volendo rimanere confinati al sistema pensionistico, da un ricalcolo serio e dettagliato degli assegni con il sistema contributivo, come peraltro già proposto seriamente dagli economisti de Lavoce.info o dall’Unione Nazionale Pensionati, a cui far seguire interventi razionali e mirati in maniera progressiva in modo da salvaguardare le pensioni particolarmente basse.
Messo in atto uno degli interventi o meglio entrambi, oltre a conseguire i risultati necessari in termini di contribuzione solidale e di equità previdenziale, si toglierebbero dal tavolo sia il dubbio che i pensionati non vogliano contribuire, sia interventi torbidi quali la de-indicizzazione, sia l’opportunità ai Cottarelli e Madia di turno di sparare nel mucchio. Vuoi per ignoranza della realtà previdenziale o, peggio, per volontà di destabilizzare alla base i criteri fondanti della previdenza per sostituirli con un’assistenza sempre più diffusa. In realtà si scoraggiano l’assistenzialismo professionale e l’insediamento di sistemi previdenziali autonomi e realizzare nell’immediato una profonda iniquità sia nell’ambito della capacità contributiva dei cittadini (tartassati i pensionati, lasciati tranquilli gli altri) che in quella previdenziale, penalizzando insieme ai vitalizi generosi anche quelli già abbondantemente penalizzati in partenza.
Se Cottarelli e Madia rappresentano il nuovo che avanza per la “svolta buona”, meglio tornare subito indietro.

giovedì 13 marzo 2014

Pensioni 2014: i nodi Esodati, Quota 96 e Legge 104

In Commissione alla Camera la riforma per mandare in pensione i dipendenti con la quota 96, mentre sul tavolo giacciono le altre modifiche per i penalizzati della Legge 104 sul prepensionamento e gli esodati.

In commissione Bilancio alla Camera si discute la proposta di legge per mandare in pensione i lavoratori a quota 96, rimasti bloccati dalla Riforma Fornero. L’altro nodo irrisolto sul tavolo del Governo Renzi è il caso Esodati, ma anche l’applicazione dellaLegge 104 in rapporto al prepensionamento.
Quota 96
La questione riguarda i dipendenti della Scuola con 35 anni di contributi e 61 anni di età: la Riforma Fornero ha privato del diritto guadagnato con le vecchie regole tutti quelli che hanno maturato i requisiti dopo il 31 dicembre 2011. Il problema è che per questi lavoratori l’annualità lavorativa non corripsonde a quella scolastica (giugno). La proposta di legge prevede pertanto di apportare una correzione, estendendo la platea dei beneficiari agli aventi diritto entro la fine dell’anno scolastico 2011/2012.
Esodati
Uno dei nodi più delicati è paradossalmente quello finora mai citato nell’agenda programmatica del Premier Renzi: la questione Esodati. In parallelo, resta sospesa anche l’applicazione di una norma che consenta di mandare in pensione gli esodati delCommercio, per i quali esisterebbero teoricamente le coperture finanziarie ma che continuano a venire dimenticati.

Pensione anticipata


Il primo caso riguarda la mancata concessione del prepensionamento per coloro che, usufruendo dei permessi dellaLegge 104, si sono dedicati alla cura di parenti disabili. In questo caso è da correggere la Legge di Stabilità, la cui formulazione crea problemi nell’erogazione della pensione a determinate categorie di lavoratori.
In realtà, sul tavolo ci sono anche altre ipotesi di correttivi alla Riforma delle Pensioni, sempre sul fronte pensione anticipata, come l’idea del “prestito previdenziale” a carico delle aziende per i lavoratori a meno di 4 anni dalla pensione. Una variazione su tema della proposta Damiano, che consentirebbe la pensione anticipata in cambio di una decurtazione del trattamento previdenziale per i primi anni.
Sempre sulla stessa linea, il Governo Renzi potrebbe valutare l’idea di estendere a tutti i lavoratori la possibilità offerta dalla Riforma del Lavoro: incentivi all’esodo per lavoratori a meno di quattro anni dal raggiungimento dei requisiti pensionistici

martedì 4 marzo 2014

Comune di Milano.Il Bilancio si fa trasparente

COMUNICATO COMUNE DI MILANO

"Pubblichiamo in allegato dati principali per la formazione del Bilancio preventivo 2014 del Comune di Milano

Si tratta quindi del punto di partenza per la definizione del principale strumento di programmazione economica di Palazzo Marino.
Ricordiamo che quest’anno il Bilancio di previsione dovrà essere approvato entro il 30 aprile, così come ha stabilito un decreto ministeriale.
La scelta di pubblicare sul sito del Comune, per renderli disponibili a tutti, gli elementi essenziali del documento di programmazione economica - insieme ad una scheda esplicativa dello stesso - risponde ad un’esigenza di trasparenza e ad una domanda di partecipazione condivisa con il Consiglio comunale che ha votato una mozione specifica (vedi allegato). 
Obiettivo, si legge nel testo approvato dai consiglieri comunali, è quello di fornire “valori indicativi utili alla comprensione delle dinamiche in atto e al processo di contribuzione della cittadinanza”. 
Sempre il Consiglio comunale ha approvato anche un Ordine del Giorno (allegato) con l’indicazione alla Giunta degli indirizzi e delle priorità per il varo del Bilancio di previsione.  
Questi documenti resteranno online per 15 giorni. Nei prossimi giorni saranno consultabili nella sezione “Bilancio trasparente” nella home page del sito del Comune di Milano".