giovedì 23 luglio 2015

Se ne va anche il vicesindaco. Il triste declino della Milano di Pisapia

[Ma non è chiaro. E giustamente Marco Cappato, dei Radicali, parla di «errore politico non spiegare le reali motivazioni che hanno portato alle dimissioni della De Cesaris».] 
Si dimette Ada Lucia De Cesaris, la zarina, che «sfanculò» l’immobiliarista Salvatore Ligresti. E adesso sogna Palazzo Marino
La «macchina» della giunta di Giuliano Pisapia. Il «vero sindaco». «La zarina». O ancora «un’instancabile lavoratrice». «Primo cittadino in pectore». O di più, «una con le palle». Ci sono molti modi per definire Ada Lucia De Cesaris ormai ex vicesindaco e assessore all’Urbanistica del Comune di Milano. Le dimissioni di questo ex avvocato 55enne («È venuto meno il rapporto di fiducia» scrive in una nota), esperto di diritto ambientale, allieva di un amministrativista di fama come Sabino Cassese, capace all’inizio del mandato di mandare a quel paese un immobiliarista di peso come Salvatore Ligresti, rivelano molto sullo sfaldamento della giunta arancione che vinse nel 2011 contro Letizia Moratti. Ma soprattutto regalano una fotografia inquietante sulla situazione politica del centrosinistra, a un anno dalle prossime elezioni comunali. Con una spaccatura sempre più evidente tra l’anima civica che vinse quattro anni fa e il Partito Democratico di Matteo Renzi. 
Non è un segreto che una parte di Milano, quella riformista, vicina all’attuale assessore al Commercio Franco D’Alfonso, stia lavorando da mesi per candidare la De Cesaris a sindaco nel 2016
«Un fulmine a ciel sereno, una sorpresa», dicono dal Pd. «Un uso elettorale delle istituzioni» spiegano invece nel centrodestra, cogliendo un punto fondamentale e non detto neppure nel discorso di Pisapia che oltre a definirsi addolorato per la scelta della collega, non ha approfondito le reali motivazioni dietro l’addio della «zarina». Un motivo non detto risiede sicuramente nelle tensioni interne al Pd per la grande campagna elettorale iniziata da diversi mesi, dopo che il primo cittadino ha annunciato di non ricandidarsi. Non solo. Non è un segreto che una parte di Milano, quella riformista, vicina all’attuale assessore al Commercio Franco D’Alfonso, stia lavorando da mesi, insieme con una buona fetta di arancioni e a pezzi di borghesia meneghina, per candidare la De Cesaris a sindaco nel 2016. E non è un segreto che le tensioni maggiori dell’ex assessore all’Urbanistica siano nate nello scontro costante con un gruppo consiliare, quello democratico, molto vicino a Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali, fresco di candidatura alle prossime primarie del Pd.
Di mezzo, quindi, c’è una tensione che va avanti da mesi. L’ultima lite con i democratici sarebbe nata per una questione su un’area cani. Ma c’è anche chi dice che «Ada Lucia» non abbia digerito il nuovo stadio del Milan in zona Portello, un progetto targato Silvio Berlusconi. Nei corridoi di palazzo Marino si parla di delibere fantasma sull’impianto dei rossoneri da 55mila posti, altra benzina sul fuoco che non fa che aumentare le tensioni. Ma non è chiaro. E giustamente Marco Cappato, dei Radicali, parla di «errore politico non spiegare le reali motivazioni che hanno portato alle dimissioni della De Cesaris». In ogni caso la De Cesaris diventa così una nuova mina vagante per il centrosinistra in vista delle elezioni comunali.
In ogni caso la De Cesaris diventa così una nuova mina vagante per il centrosinistra in vista delle elezioni comunali

Va ricordato infatti che «Ada Lucia» è stata coordinatrice dei comitati per Milano. Fu anima della vittoria di Pisapia. Ma soprattutto l’argine degli immobiliaristi alla Ligresti, promuovendo un nuovo Programma di governo del territorio (Pgt) che tagliò l’edificabilità da 2,70 a 0,70, impedendo una cementificazione massiccia del Parco Sud. Ora le chiedono tutti di ripensarci, ma secondo chi la conosce bene la De Cesaris andrà avanti per la sua strada. E si farà sentire nei prossimi mesi. Del resto fu lei a convincere Pisapia a togliere le deleghe all’ex assessore alla Cultura Stefano Boeri. Dei tre è rimasto solo il sindaco, che rischia di passare gli ultimi mesi di mandato nel modo peggiore possibile.

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